Banfi, Brunello Riserva Poggio all’Oro

di Riccardo Viscardi 31/03/23
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verticale brunello di montalcino riserva poggio all'oro banfi

Una bella verticale ha mostrato come il Brunello di Montalcino Riserva Poggio all’Oro di Banfi abbia avuto una crescita costante negli anni, raggiungendo risultati davvero ottimi con la splendida annata 2016.

Nelle abituali corse tra un evento e l’altro, si scende dal treno e si va al Cavalieri Hilton per la verticale del Brunello di Montalcino Riserva Poggio all’Oro di Banfi. L’azienda, in collaborazione con la Fis, padrona di casa, ha organizzato una sorpresa gradita per chi è in anticipo: una degustazione itinerante tra tutti i prodotti del famoso marchio ilcinese. Alcune interessanti anteprime come Excelsus 2018, la nuova versione del metodo classico 100 mesi Alta Langa della dépendance piemontese, la versione 2020 di Aska di Bolgheri ed i Brunello 2018 ci fanno trascorrere piacevolmente il tempo. 

Alle 18 puntualissima inizia la verticale del loro vino più rappresentativo: Brunello di Montalcino Riserva Poggio all’Oro. Sebbene l’inventore del vino fu Ezio Rivella, annata 1985, colui che lo ha portato alle massime espressioni è stato il compianto Rudy Buratti, per decenni responsabile tecnico dell’azienda; peccato che sul palco si siano dimenticati di citarlo. Si sono altresì dimenticati di ricordare che il Poggio all’Oro proviene dal singolo vigneto solo dalle versioni post 2000 mentre prima era una selezione aziendale. 

Comunque la verticale è andata benissimo confermando la validità del progetto e la sua evoluzione sempre nei canoni di una succosa eleganza, con tannini raffinati e una bevibilità che ben rispetta il territorio vicino a Tavernelle, fatto di sabbie più o meno conglomerate. L’olfatto è sempre nitido e intrigante e, grande plauso, non indugia mai su note di eccessiva maturazione che rappresentano il pericolo di questa zona. Vero è che il vigneto leggermente rialzato ma soprattutto la capacità enologica dell’azienda sono l’assicurazione migliore per noi amanti del Brunello. 

Sul palco, oltre al cerimoniere Paolo Lauciani, avevamo la proprietaria dell’azienda Cristina Mariani e le “nuove” personalità di Banfi: Rodolfo Maralli (da decenni in azienda, un po’ autoreferenziale), nominato a gennaio presidente del CdA di Banfi srl che prosegue anche nella sua funzione di direttore commerciale e marketing; poi Gabriele Pazzaglia, talentuoso responsabile tecnico che ha lavorato a stretto contatto con Buratti per anni. Conoscendo Banfi da decenni, mi è mancata la presenza sul palco e la verve di Enrico Viglierchio, l’anima dell’azienda, da gennaio presidente del CdA di Banfi Società Agricola. 

Ammirevole lo sforzo aziendale nel presentare annate ormai introvabili come la 1985, prima annata prodotta, sicuramente interessante ma che appartiene all’archeologia Montalcinese con i suoi pro gustativi e limiti olfattivi dovuti all’età. Un Brunello per gli amanti del genere. Del trittico degli anni ‘90 la più sorprendente è la 1993 spesso trascurata dagli appassionati. Invecchiando vengono a valorizzarsi alcune note balsamiche che in gioventù erano straripanti, quindi l’olfatto si rilassa e la gustativa risulta elegante e di ottima beva. La 1997 è nata con olfatti caldi e bocca muscolare, un’annata per gli americani che la esaltarono rimanendo con il “cerino in mano”.  Del trittico del primo decennio 2000 leggete sotto qui le recensioni, come per quelli dell’ultimo decennio. Basta cliccare sul nome del vino per aprire la scheda.

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