Caffettiere e spremiagrumi tra Capri e Lapìo

di Livia Belardelli 27/01/15
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Caffettiere e spremiagrumi tra Capri e Lapìo

Vallate e montagne, natura incontaminata, aspri pendii e borghi pieni di storia, questa è l’Irpinia. Un luogo che prende il nome dal popolo sannitico degli Irpini (dall’Osco Hirpus = lupo), una terra ricca e sfaccettata in cui mettono radici grandi vini. C’è un piccolo paese, un borgo di poche anime, dove la gente si saluta per nome, si trova a 500 metri di altitudine e domina la Valle del Calore. Dista meno di 20 chilometri da Avellino ed è considerato la culla del Fiano: il suo nome è Lapìo.

Qui è approdato anche il campano Raffaele Pagano, simpatico e folle “produttore” di vino. Le virgolette sono d’obbligo visto che l’instancabile Raffaele, titolare dell’azienda Joaquin, è soprattutto uno sperimentatore. La sua infatti, più che una classica produzione di vino, è una produzione di idee che diventano progetti e solo successivamente vini. Bottiglie che sono il risultato di un’idea, un tentativo di fondere insieme la sua indole progressista e sperimentatrice con la riscoperta e l’esaltazione di tecniche e territori della tradizione. Viene in mente il sempreverde spremiagrumi di Philippe Stark, deliziosa e provocatrice metafora, trionfo di “non-usabilità” almeno quanto l’ancora più bizzarra caffettiera del masochista, icona stravagante di inservibilità, esempio di un design che volta la faccia alla funzionalità. E questo sarebbe un male, se non fosse che la forza di questi oggetti si fonda su qualcosa di profondamente meno pratico, l’emozione e la capacità narrativa. Ecco, le bottiglie di Joaquin, che piacciano o meno, hanno questa caratteristica, sono capaci di suscitare conversazioni e lasciano il segno.

La cantina di Raffaele si trova a Montefalcione, provincia di Avellino, ma i suoi vini “hanno scelto” il proprio territorio spingendosi fino a Capri. Qui, nella piccola isola campana che conta appena una manciata di ettari di vigna, dal 2009 ci sono anche le piante di Joaquin. Decide di vinificare in questa zona dopo la folgorazione casuale per una bottiglia caprese, comprata per pochi euro, in grado di esprimere profumi intensi e integrità. Così decide di provare anche lui e da Anacapri nasce Dall’isola.

Altra zona, altra storia: Lapìo. Il paese irpino è infatti la culla di un’altra delle sue sperimentazioni, forse la più spinta e complessa, il suo Fiano Piante a Lapìo. Ceppi centenari e prefillosserici, una ricerca puntigliosa e maniacale che ha come risultato piante sparse per tutto il territorio che confluiscono in questa sua folle e curiosa opera. Un Fiano “alla vecchia maniera”, vinificato in botti di castagno di Agerola, con lieviti selezionati dalle piante e non filtrato.

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