Il raboso e le sue radici

di Riccardo Viscardi 02/11/17
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Il raboso e le sue radici

Il raboso è un vitigno antico e difficile, diffuso soprattutto nelle province di Venezia e Treviso, da cui si ricavano vini rossi molto interessanti e longevi.

La parte orientale del Veneto è ormai dominata da due vini bianchi che godono di un incredibile successo commerciale in Italia e soprattutto all’estero: il Prosecco, nelle diverse tipologie a doc e docg, e il Pinot Grigio. Gli appassionati più incalliti non sono dei grandi fan di questi vini, in parte a ragione ma in parte no, perché ci sono delle ottime interpretazioni di entrambi: spesso sembra una posizione di malcelata supponenza enoica. Ma a prescindere dalla posizione che uno possa assumere nei confronti di questi vini, in un recente viaggio organizzato dal Consorzio Vini Venezia, ho capito quanto sia importante a livello enologico e sociale il successo di quei prodotti per le aziende. Grazie a loro le cantine piccole hanno trovato una stabilità finanziaria e una solidità economica importante. Questa circostanza favorevole permette, almeno ai produttori più illuminati e attaccati al loro territorio, di investire in vini prodotti da vitigni autoctoni, soprattutto rossi, che non avrebbero il fascino mediatico per imporre un prezzo adeguato alla difficoltà che si incontra per farli bene. Il Raboso, vitigno rosso storico dell’entroterra veneziano, è uno di questi.

Vitigno antico e dalle caratteristiche difficili ma affascinanti: alta acidità, tannino generoso, maturazione tardiva, produttività elevata e inoltre una sterilità delle prime 2 gemme produttive che ricorda alcuni vitigni nobili italiani. La dote maggiore è una naturale resistenza alle malattie e una buccia che regge le avversità. I sistema produttivi più diffusi, la locale "bellussera" (impianto molto ampio e molto alto) e poi la pergola, esaltavano sia la quantità che, con una maturazione difficile e troppo tardiva, la durezza tannica. I produttori più avveduti hanno cambiato sesto di impianto passando a varie forme di archetti con i capi a frutto che si rigenerano ogni anno evitando quindi lignificazioni importanti (il cordone speronato non va bene a causa delle sterilità delle gemme basali). Ovviamente il vigneto ora risulta più basso e con una superficie fogliare maggiore. In questo modo ci si espone maggiormente alle gelate primaverili soprattutto in pianura ma il vitigno mostra una buona resistenza, d’altro canto si guadagna moltissimo in maturità fenolica che qui può essere spinta abbastanza in virtù dell'alta acidità fissa del vitigno. Questo nuovo metodo di allevamento e di carichi per ceppo, infatti, ha migliorato sensibilmente il quadro tannico del vitigno mantenendo comunque una altà acidità. Il fustame usato è vario con un'attenzione alle botti medio-piccole per smussare alcuni spigoli, ma l’alta acidità mantiene i vini raffinati e dotati di un buon frutto costitutivo. Mi rendo conto che forse il discorso è troppo tecnico, ma è importante per capire le caratteristiche e le potenzialità di questo vitigno e spero di aver chiarito il concetto.

Il comparto tannico è associabile a quello di un nebbiolo di La Morra e sicuramente meno granitico di quello del Sagrantino. L’alta acidità permette e rende necessaria una lunga permanenza dei vini in cantina, tanto è vero che abbiamo in uscita i vini del 2011-2012 con alcuni che commercializzano adesso l’annata 2010. Il tipo di terreno contribuisce a rendere la beva più o meno anticipata.
Per concludere, un vino di grande personalità e durata nel tempo, come ha dimostrato una verticale che si è spinta fino ad annate dei primi anni Duemila. Vorrei ribadire come la profonda rivoluzione nel concepimento di questo vitigno si è avuta negli ultimi 6-7 anni e quindi il bello lo vedremo tra qualche tempo. Ma con queste premesse il naufragar m’è dolce in laguna. A proposito di dolce, alcuni produttori fanno anche la versione leggermente appassita da cui ricavano un vino dolce veramente tanto accattivante in quanto l’alta acidità mantiene freschezza olfattiva e gustativa mentre il leggero residuo zuccherino allevia la quota tannica. Una vera scoperta quella segnalata sotto che con la torta al cioccolato stava una meraviglia.

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