I miei primi quarant’anni nell’Ais

di Daniele Cernilli 04/11/19
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Ais Daniele Cernilli tesserino

Oggi l’Associazione Italiana Sommelier è una grande organizzazione, alla fine degli anni ’70 eravamo in pochi, ma molto determinati e appassionati.

Devo confessarvi che quando tiro fuori la mia vecchia tessera dell’Ais, numero 531 del dicembre 1979, i ricordi mi assalgono e mi fanno anche rendere conto di quanto tempo è passato e di quante cose sono cambiate. 

A quell’epoca gli iscritti all’Associazione Italiana Sommelier erano pochi, a Roma non si arrivava a una trentina di persone, e quasi tutte erano “addetti ai lavori”. Molti ristoratori, Severino Severini, che era il fiduciario, aveva un locale in Piazza Zama, a due passi dalla casa dei miei genitori, e fu il primo di “fuori le mura” a ottenere la stella Michelin. Da lui lavorava un vecchio sommelier lombardo, Angelo Bruschi da Casalpusterlengo, forse l’unico che aveva svolto da dipendente il lavoro di sommelier, prevalentemente in ristoranti d’albergo, e fu lui letteralmente a insegnarmi ad aprire una bottiglia col cavatappi professionale. 

I miei compagni di corso erano Elio Mariani di Checchino dal 1887, Ezio e Mimma Bastianelli di Fiumicino, Alberto Ciarla, che poi divenne presidente, Pietro Micara di Frascati, Mario Camerucci della trattoria Monti, il generale dell’Aeronautica Francesco Rizzardi, Cristina Milozzi del Ceppo, e Paola Di Mauro che iniziava a fare vino a Colle Picchioni, sui Castelli Romani. I docenti erano Marco Trimani, famoso enotecario, Renato Sentuti del ristorante Papà Giovanni, Luciano Salvini, rappresentante di vini e grande esperto di Champagne. L’esame finale ce lo fece Beppe Monchiero, proprietario del Daniel’s di Alba, che assistette ai nostri balbettii con grande comprensione quasi paterna. 

Fresco di studi e molto appassionato andai benino, e dopo qualche mese Severino decise di mettermi in cattedra e di farmi fare lezione di tecnica della degustazione al secondo corso che peraltro stavo frequentando da studente. I tempi erano pionieristici, di soldi ne giravano pochi, io non venivo pagato per le lezioni e qualcosa ne sapevo, perciò il gioco era fatto. I “vertici milanesi” dell’Ais, che erano Franco Colombani, presidente, e Franco Tommaso Marchi, segretario, chiusero un occhio e io divenni docente “sul campo”. Devo essermela cavata decentemente, perché molti di quelli che “subivano” le mie lezioni poi hanno fatto una carriera brillante. 

Tra i miei allievi, via via, ho potuto annoverare Daniela Scrobogna, Paolo Lauciani, Massimo Billetto, Sandro Sangiorgi e persino Franco Ricci, al quale feci gli esami di secondo livello nel 1983, e che allora facevano tutti parte delle varie sezioni dell’Ais del Lazio. Poi Stefania Vinciguerra, che oggi è la caporedattrice di DoctorWine

Ora mi arriva la notizia che Antonello Maietta, attuale presidente, e soprattutto Hosam Eldin Abou Eleyoun presidente dell'AIS Lombardia, che ha organizzato tutto, hanno deciso di farmi svolgere una lectio magistralis a Milano il 28 di novembre prossimo presso il Westin Palace, proprio per festeggiare i miei primi quarant’anni di Ais. 

Tanto è cambiato, ci sono stati episodi che hanno allontanato qualcuno, però i soci oggi sono più di quarantamila e le cose vanno alla grande. Sapere di aver avuto un piccolo ruolo in tutto questo mi fa un piacere immenso, come pure devo ammettere che un po’ di commozione e una grande riconoscenza per questa associazione e per i suoi protagonisti non posso che provarle. 

Da qualche anno sono Socio Onorario, è vero, però fino al 2007 ho pagato regolarmente la mia quota associativa e ho militato per come ho potuto cercando di non determinare conflitti di ruolo e d’interesse con le principali attività dell’Ais, quella della didattica sul vino in primis. E credo di aver sempre sottolineato che se oggi faccio il mestiere che faccio, molto lo devo a quei corsi un po’ pioneristici, dove si gettava il cuore al di là dell’ostacolo proprio perché c’erano tanti ostacoli e tanto cuore.





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