Il fattore umano

di Daniele Cernilli 09/09/19
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fattore umano cervello

Il fattore umano, la propria soggettività, non si possono eliminare nelle degustazioni ma esiste un’oggettività relativa, esistono pareri più o meno attendibili e autorevoli in relazione a quanti vini si sono assaggiati e a quante cantine e vigne si sono visitate.

Ogni persona al mondo ha una propria visione delle cose, uno schema di valori, che sono le cose delle quali è convinto, qualunque esse siano. Quando si esprime un parere, si dà una valutazione, si fanno scelte, insomma, ciascuno lo fa applicando, anche in modo immediato, tutti questi elementi. Questo significa che in qualunque aspetto della vita la propria soggettività non si può eliminare, anche quando si decidesse di farlo, perché comunque le convinzioni, i punti di vista di ciascuno non possono che avere un peso. 

Quando sento parlare di “oggettività” perciò, è necessario prima di tutto intendersi sul significato del termine. Un’oggettività assoluta non si potrà mai raggiungere, proprio perché non è possibile eliminare ciò che siamo, cioè dei soggetti raziocinanti. Se invece per oggettività s’intende un modo per non far entrare nel giudizio degli aspetti troppo personali, tendendo ad essere imparziali e provando a tener conto anche di elementi che magari non fanno immediatamente parte dei propri convincimenti, allora questa sorta di oggettività “relativa” può risultare più praticabile. 

Questa lunga premessa vorrebbe introdurre il tema delle degustazioni “oggettive”, come vengono intese da più parti. E vorrebbe anche far presente come il cosiddetto fattore umano sia qualcosa che non è proprio possibile eludere. Sia dal punto di vista dell’interpretazione degli aspetti sensoriali che scaturiscono dagli esami organolettici dei vini, sia dal punto di vista delle convinzioni “filosofiche”, legate, ad esempio, all’esaltazione di aspetti territoriali dei vari vini, alla resa in termini di olfatto e di gusto delle varie tipologie di uva, ma anche a elementi diversi, come l’ecosostenibilità della produzione, il rapporto qualità/prezzo, la capacità che un vino e il suo produttore hanno di rappresentare qualcosa che vada al di là dei semplici caratteri degustativi. I vini che “emozionano” sono emozionanti perché ci sono persone che provano emozione nel berli, e non perché esista una categoria dell’”emozionabilità” scissa da soggetti percipienti. Ciò che emoziona me, insomma, potrebbe non emozionare affatto altri, che hanno altri gusti e diversi punti di vista. È qualcosa che accade nel mondo del vino, e in tutti gli altri mondi immaginabili quando si esprime un parere, una preferenza, un giudizio di valore, e non se ne può proprio uscire, perché siamo tanti, diversi e con visioni del mondo personali. Per fortuna, aggiungo.

Poi, ovviamente, e ritornando “a bomba”, esistono pareri più o meno documentati, più o meno attendibili, più o meno autorevoli, in relazione a quanto si conosce una materia o a quanta esperienza di vita si ha, o, ancora, a quanti vini si sono assaggiati e a quante cantine e vigne si sono visitate. Ma anche chi fosse molto competente non potrà evitare quel pizzico di fattore umano che pone un discrimine fra la conoscenza e l’infallibilità “oggettiva”,  e, secondo me, è molto meglio così.





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