Il vino al tempo del coronavirus

di Daniele Cernilli 02/03/20
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Il vino al tempo del coronavirus

Anche nel mondo del vino si cominciano a vedere i primi effetti del coronavirus, soprattutto per le ricadute sui mercati dell’Estremo Oriente. Ed è anche stata rimandata la ProWein.

La notizia che la ProWein è stata rimandata è di questo sabato, e ci ha lasciati tutti sbalorditi. È vero, ci chiedevamo se avrebbe avuto senso per noi italiani una fiera che molto probabilmente avrebbe visto i nostri padiglioni deserti, ma che l'Ente Fiere di Düsseldorf avrebbe preso una decisione così forte non ce l'aspettavamo. Eppure è solo la conferma che nessuno sta prendendo alla leggera il coronavirus. Siamo tutti preoccupati, non dirlo sarebbe sciocco. Lo siamo per la salute di moltissime persone, anche per la nostra, ovviamente. Poi per l’economia, che ne comincia a risentire in modo serio, e per le dovute precauzioni che sono state necessarie anche nel nostro Paese con le conseguenti limitazioni nella vita di tutti. Una situazione seria, insomma, che non va sottovalutata ma neanche affrontata con panico. Lo dico principalmente per quanto mi riguarda, visto che continuo a viaggiare molto, e che ho intensificato le precauzioni che è logico prendere in quei casi. 

È evidente che anche il nostro mondo del vino sarà ulteriormente coinvolto. Dopo il sospiro di sollievo per essere stati “graziati” dal pericolo dei dazi negli Usa ora ci si trova davanti a un altro problema non da poco. Ci sono alcuni aspetti però che vanno quanto meno conosciuti. 

Da Hong Kong, che aveva peraltro già visto un anno difficile con le manifestazioni che ci sono state, mi arriva una notizia piuttosto curiosa e interessante. Il consumo del vino si sta spostando dai luoghi pubblici, dove era più consueto, alle case private. Si sta, insomma, apparentemente determinando un cambio nelle abitudini, forzato dalle situazioni, ma che implica un mutamento nello stile di vita di chi consuma vino e che lì fa parte della upper class per così dire. Sarà un problema per la ristorazione, è chiaro, ma per adesso lo è meno per il consumo di vino, che cambia modalità. Sul lungo periodo di certo rappresenterà un rischio, evidentemente, ma la speranza di poter fare fronte al Covid 19 entro un anno con un vaccino efficace potrebbe far rientrare la situazione, o almeno è quanto tutti ci auguriamo. 

Intanto però anche nel nostro piccolo mondo enologico, che rappresenta comunque e storicamente un marker abbastanza preciso delle situazioni economiche internazionali, si cominciano a vedere degli effetti. Da noi sono appena terminate le Anteprime in Piemonte, Toscana, Veneto e Umbria, senza giornalisti ed esperti cinesi presenti, molti si preparano per il Vinitaly di Verona che per adesso è stata confermata per la seconda metà di aprile (le date, lo ricordiamo, sono 19-22 aprile), che da questo punto di vista rappresentano un’incognita. In Oriente le varie fiere che si sono svolte sono andate abbastanza male, come era prevedibile, speriamo vivamente che in Europa si possano effettuare e con successo, nei limiti del possibile. Intanto dal Decanter World Wine Award di Londra, al quale dovrei partecipare all’inizio di maggio, mi comunicano che non ci saranno giudici provenienti dalla Cina e che ci daranno istruzioni e comunicazioni più avanti su come si procederà. 

Questo è quanto per il momento, e francamente mi sembra abbastanza.





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