L’importanza dell’etichetta

di Stefania Vinciguerra 11/04/16
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L'importanza dell'etichetta

Vi siete mai soffermati a considerare quanto sono importanti le etichette di un vino? In fondo le etichette corrispondono all'aspetto estetico di una persona. Non è detto che a una bella etichetta corrisponda un buon vino, così come non è detto che una persona bella (uomo o donna che sia) sia anche simpatica/intelligente/gentile/onesta. Però il nostro primo giudizio, che lo si voglia o meno, è quello estetico.

Per questo l'etichetta è più importante di quanto si pensi. È la carta d'identità della bottiglia, la sua identità visiva e, soprattutto in una società basata sulla comunicazione veloce com'è quella odierna, nessun produttore dovrebbe mai sottovalutare l'importanza dell'etichetta. Oggi più che mai il vino è un prodotto emozionale. Sappiamo tutti come, quando una persona è stata nel luogo di produzione, è portata a considerare quel vino più buono perché ha avuto modo di vedere dove nasce, il territorio che lo partorisce e si è legato - visivamente ed emotivamente - a quella genesi e, quando possibile, a quella gente.

Ma se uno non ha avuto la possibilità di visitare i luoghi di origine di un vino o vuole provare qualcosa di nuovo, il suo modo di entrare emotivamente in contatto con la bottiglia sarà necessariamente veicolato dall'impatto visivo legato all'estetica dell'etichetta e, secondariamente, dell'intero packaging, dalla forma della bottiglia (spesso però vincolata dal disciplinare di produzione o dalla tradizione) al colore della capsula. Ma è innegabile che la vera protagonista, prima del vino stesso, sia l'etichetta.

C'è da dire che da questo punto di vista l'Italia è più avanti di altri Paesi del mondo, dove esiste meno varietà che da noi. Qui infatti troviamo spesso al lavoro grafici e designer che danno un'impronta nettamente diversa a quel rettangolo di carta che deve affascinare il compratore. Mentre la Francia continua a proporre uno stile di etichette sempre uguali a sé stesse (la tradizione, il blasone, la classicità) da noi si è osato molto di più, e accanto a quello stile troviamo piccoli capolavori di modernità. Ma sono ancora pochi, sebbene il designer Cleto Munari, presidente della giuria del XX Concorso Internazionale Packaging, organizzato da Vinitaly-Veronafiere, appena concluso, abbia constatato un innalzamento del livello medio delle proposte, con il binomio innovazione e tradizione declinato verso un'immagine più internazionale.

Secondo i giurati, il prodotto deve parlare velocemente e immediatamente di sé e del produttore, dire la verità e raccontare il proprio rapporto con il territorio. Non è facile, considerando che sottolineano anche l'importanza dell’aspetto emotivo, visto che il cervello reagisce prima alle emozioni. «Vorrei – ha auspicato il presidente della giuria, il designer Cleto Munari – che le aziende vitivinicole avessero più coraggio, che osassero di più con proposte nuove, divertenti e anche un po’azzardate». Un auspicio che sembra andare verso i consumatori più giovani, in particolare i Millennial americani, più sedotti da bottiglie attraenti e magari un po’stravaganti.





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