Passione e professione

di Daniele Cernilli 09/09/13
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Passione e professione

Ogni tanto, soprattutto in discussioni nei forum o nei blog, viene fatta una contrapposizione fra gli appassionati di vino e i professionisti. Tra coloro che si accostano al mondo vitivinicolo da consumatori, e coloro che ne scrivono e che vivono della loro professione, alle dipendenze di gruppi editoriali oppure come “freelance”. Conoscendo un po’ questo mondo, e facendo assolutamente parte della seconda categoria, faccio però fatica ad immaginare una situazione che si riesca a tagliare nettamente in due parti. Molti appassionati (è accaduto persino a me) col tempo diventano professionisti, se scrivono bene ed hanno una preparazione tecnica adeguata. Molti giornalisti o scrittori di vino sono anche, direi soprattutto, appassionati, acquistano un sacco di bottiglie e si comportano nei fatti come dei comuni consumatori.

Penso a persone come Gianni Fabrizio, oggi curatore della guida del Gambero Rosso, a Dario Cappelloni, che scrive anche per Doctor Wine, a Ernesto Gentili, responsabile della guida dei vini dell’Espresso, ad Armando Castagno, appena uscito da Bibenda dove è stato per anni una delle colonne della guida Duemilavini. Tutte persone che si organizzano viaggi in proprio, magari insieme a “semplici” appassionati, che spendono percentuali a due cifre del proprio reddito acquistando vini, che quando scrivono non riescono ad essere dei freddi giudici, ma entrano negli argomenti con passione e competenza. Cos’hanno tutti loro di minore o di differente nei confronti degli appassionati? Credo nulla. Hanno in più, se mai, un’esperienza costruita in anni di lavoro e di viaggi, parlando con centinaia di viticoltori e di enologi di tutto il mondo, che fatalmente li porta ad avere un’apertura mentale ed una conoscenza che difficilmente chi non fa il professionista riesce a possedere. Certo, vivono di quello, guadagnano scrivendo di vino, e questo per qualcuno sarebbe un problema. Non è però un problema se uno scienziato guadagna con la scienza, se un professore vive, e prende uno stipendio, insegnando e diffondendo cultura, se un artista vende le opere d’arte che crea. Nel vino e nella gastronomia in genere le cose, non si capisce bene per quale recondito motivo, sarebbero per qualcuno diverse e criticabili.

Personalmente, pur con la consapevolezza che sto scrivendo anche “pro domo mea”, tutto questo mi sembra il solito esercizio d’ipocrisia al quale molti si dedicano. Una sorta di puritanesimo che vale solo in determinate occasioni e non in altre, e soprattutto un modo per screditare chi svolge un lavoro spesso con competenza ed onestà intellettuale, magari semplicemente spinti da invidia personale o dall’interesse nel sostenere che “è tutto un magna magna”. Ricordiamoci però che se si toglie credibilità a chi prova a gerarchizzare i valori, poi si rischia di far vincere chi non ha interesse che quei valori vengano espressi. Magari perché ha altri sistemi per far valere i propri prodotti ed ha più forza economica di altri. E questo con gli appassionati di vino non c’entra nulla.





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