Un arcobaleno sul futuro dei Vignaioli Indipendenti

di Flavia Rendina 11/09/18
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fivi a eataly

Interessante dibattito a Roma sulla figura del vignaiolo anche in relazione al suo ruolo di salvaguardia del territorio e della biodiversità.

L’occasione era l’introduzione in tutte le enoteche Eataly di una selezione di 37 etichette di produttori Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), ma quello che è venuto fuori è stato un coinvolgente dibattito tra i produttori presenti a Eataly Roma, il 6 settembre, attorno all’importanza della figura del vignaiolo e della sua tutela in chiave di salvaguardia del territorio e della biodiversità.

Francesca Rocchi, Vice Presidente nazionale di Slow Food Italia, e Fabio Turchetti, giornalista responsabile del Lazio per la guida Slow Wine, hanno moderato gli interventi di una quindicina di associati Fivi, la federazione nata nel 2008 per tutelare il vignaiolo che “vinifica le proprie uve, imbottiglia nelle proprie cantine, vende il proprio vino” e riunisce oggi quasi 1.200 produttori da tutte le regioni italiane, per un totale di 11.000 ettari di vigneto, sedendo di diritto al tavolo dei lavori in materia vino del Mipaaf.

D’obbligo, in apertura dei lavori, il saluto affettuoso a Beppe Rinaldi, scomparso qualche giorno fa, produttore Fivi nella zona di Barolo e soprattutto amico di molti dei presenti.

Dopo la fotografia sullo stato della Doc Orvieto fatta da Giuseppe Mottura, produttore dell’Alto Lazio che ha motivato la sua scelta di entrare a far parte della Fivi come una necessità per tutelare il suo ruolo di difensore del territorio in mezzo a sempre più accaniti imbottigliatori «che consumano e basta, svilendo il territorio», il dibattito è entrato subito nel vivo, col caloroso intervento di Antonio Cascarano, dell’azienda Camerlengo in Basilicata, il quale è entrato a gamba tesa sul problema dei disciplinari «che rovinano il vino con le loro regole troppo rigide e ormai superate, perché fatti a tavolino anni fa da persone che non hanno mai messo un piede in vigna». Problema, quello del rapporto con le istituzioni, che accomuna tutti i territori, come sottolineato da Gaetano Morella, produttore di Primitivo in Puglia, che riconosce proprio in questa comunanza di intenti e problematiche ciò che unisce e dà forza al gruppo. «Fivi non è un protocollo che ti dice come fare un vino, ma nasce come una rivendicazione di “testa” dell’uomo vignaiolo, che vuole difendere a tutti i livelli, da Bruxelles fino a noi. Chi si sporca le mani con la terra e col vino – ha proseguito, mostrando con fierezza le mani annerite dalla vendemmia – in Fivi si sente a casa sua, perché il vignaiolo è colui che ci mette la faccia, che non segue le mode, semmai le fa, perché non è legato alla logica commerciale ma a quella agricola, che richiede piani a lungo termine; è un agricoltore, legato al suo territorio di cui è espressione».

Il fatto di essere direttamente coinvolti in tutte le fasi produttive del vino “velocizza” i tempi di risposta del gruppo al tavolo delle istituzioni. «Noi non abbiamo bisogno di mediare come altri – afferma la presidente Fivi Matilde Poggi, produttore in Bardolino – sappiamo già cosa sia di nostro interesse oppure no e andiamo al Ministero con l’obiettivo di portare a casa un risultato. Facciamo lobby e l’unione dei nostri ormai 10 gruppi internazionali, ci sta permettendo di far sentire la nostra voce anche in Commissione europea». Tra i temi più urgenti sul tavolo delle istituzioni è la regolamentazione dell’enoturismo «una risorsa fondamentale per aziende piccole come sono le nostre – ha continuato la Presidente –, dove è normale accogliere i visitatori, dedicargli del tempo e fargli assaggiare prodotti del nostro territorio. Inoltre, crediamo che vino e turismo debbano andare a braccetto e che la gestione unitaria di patrimonio artistico e culturale e agricoltura, possa rappresentare un’importante chiave di sviluppo del nostro Paese».

«L’enoturismo è il futuro e l’estero un traguardo importante, ma richiede un lavoro a parte, che esula da quello in vigna» ha detto Ludovico Trebotti, produttore del viterbese «per questo noi crediamo che la partita vada vinta prima in casa e poi all’estero» gli ha fatto eco Morella.

La difficoltà maggiore resta infatti, per i vignaioli, comunicare il valore del proprio lavoro, come il fatto riportato da Ermes Pavese, produttore in Valle d’Aosta, di aver vendemmiato lo scorso anno solo l’1% delle proprie uve, per qualità non idonea. In tal senso, tuttavia, molto lavoro viene fatto durante il Mercato dei Vini, il doppio appuntamento annuale (il prossimo sarà a Piacenza il 24-25 novembre) che dà occasione ai vignaioli di farsi conoscere e raccontarsi direttamente al grande pubblico.

La parola è andata quindi a uno dei protagonisti più noti ed estrosi del gruppo, Walter Massa, colui al quale si deve la riscoperta di un vitigno antico, il timorasso, e la rivalsa di un territorio, i Colli Tortonesi. «La Fivi ha una grande arma: fare il vino con l’uva e basta. E il consumatore finale se ne accorge, perché poi alla fine tra fare sesso e fare l’amore c’è differenza». «Ieri – ha quindi concluso – ho avuto la fortuna di parlare a Beppe un’ultima volta mentre andava via e gli ho detto che, su mille vini che si possono fare - senza solfiti, vegano ecc. -, la Fivi tutta deve continuare a fare il vino come lo stiamo facendo, perché per noi fare vino è un effetto collaterale della nostra vita».

E l’arrivo in diretta sul suo cellulare da parte di Marta Rinaldi, figlia di Beppe, della foto di un arcobaleno perfetto sulle Langhe, sembra proprio dire che anche “Citrico” è d’accordo.





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