Intervista a Marco Simonit

di Stefania Vinciguerra 05/07/17
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Intervista a Marco Simonit

A colloquio con Marco Simonit, che con il socio Pierpaolo Sirch sta insegnando al mondo come potare le viti. 

A volte è sufficiente far parlare i numeri per rendersi conto dell'entità di un fenomeno. Se un'impresa fornisce i suoi servizi (a lungo termine) a 130 aziende , fra Italia e estero; se lavora in 11 Paesi : Italia, Austria, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Portogallo, Croazia, Stati Uniti, Sud Africa e Australia; se ha formato più di 3.000 lavoratori specializzati; se ha stretto collaborazioni scientifiche con 10 istituti tra Università e Centri di ricerca  in Italia e in Europa e infine se, nei video esplicativi postati su youtube, ha ottenuto oltre 1.700.000 visualizzazioni , ebbene, siamo di fronte a un fenomeno di incredibile successo.

Si tratta di un fenomeno tutto italiano che ha il nome di Marco Simonit e del suo socio Pierpaolo Sirch, gli italiani che stanno insegnando al mondo come potare le viti.

 

E quando diciamo "mondo" non stiamo esagerando, oltre ai numeri che abbiamo elencato, basterebbe infatti rincarare la dose con i nomi delle aziende che i nostri "preparatori d'uva" seguono per capire che il loro è un lavoro di livello assolutamente superlativo. I massimi nomi dell'enologia internazionale si servono della loro consulenza,  da Chateau d’Yquem a Chateau Latour, da Louis Roederer a Moet&Chandon e, per venire in Italia, da Schiopetto a Gravner (fin dagli esordi), da Ornellaia a Ferrari, da Ceretto a Bellavista, dai Bertani Domains alle tenute di Collemassari… Insomma, difficile poter esibire un biglietto da visita migliore di questo.

Eppure loro non si sono montati la testa. Da veri friulani, vanno avanti a testa bassa e con un'ideale in testa: prolungare il più possibile la vita delle viti, allontanare il momento in cui si dovrà estirpare la pianta. 

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Marco Simonit, per capire come si svolge il loro lavoro, in cosa consiste il loro metodo e anche - perché no? - come mai nemo propheta in patria: il loro successo internazionale è dovuto in massima parte alla Francia ed è culminato con la creazione, all'Università di Bordeaux , di un diploma universitario dedicato alla potatura della vite . Un percorso di studio dove la parte teorica (anatomia e fisiologia della vite, patologie vegetali) è svolta dai professori dell'Institut des Sciences de la Vigne et du Vin mentre la parte pratica (il 70% del corso) è svolta dai tutor di Simonit&Sirch Maîtres Tailleurs de Vigne e riguarda i principi del loro metodo sulla potatura nel rispetto del flusso della linfa, i differenti sistemi di allevamento, l’organizzazione e la gestione di un cantiere di potatura.

Voi siete italiani e avete iniziato la vostra attività in Italia. Possibile che poi i francesi ci debbano battere sul traguardo creando il primo corso universitario di potatura della vite?

 


Purtroppo in Italia manca, a livello istituzionale, quell'apertura verso le innovazioni  che caratterizza invece molti Paesi esteri. E forse anche una certa elasticità. All'estero abbiamo trovato una grandissima apertura mentale e non parlo solo della Francia ma anche degli Stati Uniti, del Sud America, dell'Australia, del Sudafrica… Per quanto riguarda il corso universitario, però, debbo dire che molta parte del merito va ascritta al grande enologo Denis Dubourdieu, che ci chiamò in Francia nel 2011 per problemi di necrotomia di alcuni vitigni. Da allora e fino alla sua scomparsa abbiamo collaborato e indubbiamente avere un simile "sponsor" ci ha aiutato nell'andare avanti.

Come vi vedono all'estero i produttori di vino?

Come accade nella moda, siamo considerati abili artigiani italiani  capaci di cucire abiti su misura. Mi spiego meglio: siamo specializzati nel capire "lo stato dell'arte" dei vigneti e da lì valutare come procedere per dare miglioramenti tecnici nel massimo rispetto dello stile e delle caratteristiche locali. Ogni azienda ha uno stile che dev'essere rispettato. 

E come viene accolto il vostro approccio?

 

Noi abbiamo una visione a lungo termine, lavoriamo per rendere le viti più longeve , perché solo così i vini potranno sviluppare quelle caratteristiche che sono tipiche dei loro suoli e questo è un concetto che interessa moltissimo i produttori di grandi vini. Bisogna dire che all'estero c'è una grandissima attenzione (molto più che in Italia, purtroppo) al valore della vigna. Gli stranieri sono assetati di informazioni e di know how.  In Italia si fa retorica, all'estero di agisce. Inoltre all'estero è molto sviluppata la collaborazione tra aziende private e università, che fanno ricerca sulla base delle esigenze delle imprese. È un circolo virtuoso che porta a una crescita complessiva di tutto il settore. Da noi l'approccio è molto diverso, le ricerche e le sperimentazioni universitarie (spesso eccellenti) non si sviluppano su richiesta dei privati, ma camminano in parallelo, salvo poi comunicare i propri risultati. Non è sempre così, per fortuna, ma questa è la modalità più diffusa che fa sì che l'estero sia più avanti di noi.

Vogliamo spiegare in breve in cosa consiste il vostro metodo?

Partendo dal presupposto che le ferite di potatura siano responsabili dell’integrità del sistema vascolare delle piante che, se viene compromesso, porta alla loro morte, applichiamo un metodo di  potatura ramificata, che riduce l’impatto devastante che hanno i tagli sul sistema linfatico della pianta  a causa del disseccamento interno che provocano. Questo sistema può essere adattato a tutte le forme di allevamento della vite,  perché i principi di un taglio corretto sono indipendenti dal sistema di allevamento.

In sintesi, queste sono le 4 regole applicabili universalmente:

  1. permettere alla pianta di crescere con l’età e di occupare spazio col fusto e con i rami;
  2. garantire la continuità del flusso linfatico all’interno della pianta;
  3. eseguire tagli corretti e di piccole dimensioni sul legno giovane, poco invasivi;
  4. utilizzare la cosiddetta tecnica “del legno di rispetto” per allontanare il disseccamento dal flusso principale della linfa.

Per diffondere questo metodo, i nostri tecnici fanno formazione diretta del personale delle aziende in cui veniamo chiamati, lavorando gomito a gomito con loro, oltre a svolgere dei corsi sparsi sul territorio nazionale e insegnare agli studenti del corso di diploma in potatura dell'Università di Bordeaux.

Tra le tecniche che avete messo a punto, una ha fatto molto parlare di sé: la dendrochirurgia. Vuole spiegarci di cosa si tratta?

 

È la tecnica "chirurgica" che abbiamo messo a punto per salvare i vigneti dal mal d’esca , evitando che le piante ammalate siano estirpate e sostituite. Utilizzando delle piccole motoseghe, apriamo il tronco ed esportiamo la parte intaccata dal mal d’esca. La pianta “disintossicata” dalla malattia, riacquista nel giro di poco tempo vigore, riprende a fruttificare e torna pienamente produttiva. Dopo 5 anni di lavori e sperimentazioni in vigneti italiani e francesi il 90% delle piante trattate è tornato pienamente produttivo. 

L'importanza di una tale tecnica è sia economica (c'è un notevole risparmio nell'evitare estirpo delle viti malate, scavo della buche, impianto delle barbatelle, allevamento oltre all'attesa prima della produzione) sia soprattutto rilevante per la qualità del vino: la longevità delle piante garantisce la continuità qualitativa e la riconoscibilità dei grandi vini. 





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