Il vino dell’uomo ragno: Asprinio d’Aversa Drengot

di Antonella Amodio 08/08/19
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Drengot Asprinio d'Aversa

L'uva asprinio è coltivata con il tradizionale sistema dell'alberata, crescendo maritata ai tutori e raggiungendo un'altezza che supera i 15 metri. Drengot è una delle poche aziende che ancora segue questa antica tradizione di Aversa. 

Il vino pallagrello sta alla corte dei Borboni come l’asprinio d’Aversa sta a quella di Roberto d’Angiò, il saggio re di Napoli che rese la città partenopea capitale per la prima volta, incoraggiandovi l’arte e la cultura. Ne è un esempio lo stupendo complesso di Santa Chiara, commissionato da lui, e il clima intellettuale del quale si circondava, offrendo agli ospiti – quali Giotto, Petrarca, Boccaccio, Simone Martini -  che frequentavano la corte, un vino spumante ottenuto da uve asprinio, coltivate nelle terre aversane di formazione vulcanica e composte da tufo giallo e grigio. 

Fu proprio Roberto d’Angiò a volere la produzione dell’Asprinio, facendo arrivare dalla Francia Louis Pierrefeu, il cantiniere della Casa Reale, per individuare l’uva e i vigneti migliori.  Il vino Asprinio (aspro, tonico, con elevata presenza di acido malico) somiglia ai raffinati champagne e conquistò la corte a causa di quella nota selvatica data dalle uve, dalla terra e dall'originale coltivazione delle viti ad alberata, chiamate viti maritate, il cui metodo di coltivazione è secolare.

Le viti crescono aggrappate (maritate appunto) ai pioppi che fungono da tutori, raggiungendo altezze di 15 metri e più: sono franche di piede e molto resistenti alle malattie della vite quali la peronospora e l’oidio. I lunghi tralci di asprinio si attorcigliano intorno a cavi tesi di ferro zincato, formando imponenti barriere verdi.

La bellezza delle alberate è a dir poco mozzafiato, e lo spettacolo della vendemmia ha il fascino della storia di queste straordinarie terre. Un'antica arte quella della vendemmia, tramandata da secoli, che vede i “vilignatori” arrampicati su sottili e vertiginose scale di legno chiamate “scalillo” realizzate e personalizzate sulla fisicità dei contadini, soprannominati “uomini ragno”, che riempiono ceste di grappoli, poi calate con le corde. Oltre alla grande difficoltà di rimanere in equilibrio, il lavoro della vendemmia è reso ancora più complicato dal vento di mare che soffia dalla costa limitrofa. L’alberata aversana è un metodo colturale incredibile, unico, tanto da essere in lista per il riconoscimento da parte dell’UNESCO quale patrimonio culturale dell’umanità.

Alberto Verde, proprietario della cantina Drengot, produce asprinio con antiche alberate aversane che hanno 200 anni di età, proseguendo il lavoro avviato da suo nonno. Punta alla tipicità quale custode della tradizione, valorizzando – come già da tempo fanno altre cantine – il monumento naturalistico enologico, sfidando i costi altissimi di produzione, che hanno determinato la scomparsa quasi totale dei vigneti ad alberata aversana, passati dai 16.000 ettari degli anni 60 - distribuiti nei 22 comuni disciplinati per la coltivazione - ai soli 220 di oggi, dei quali 2,5 appartengono alla cantina Drengot. 

Per fortuna, il piccolo comune di Cesa, che conta la presenza di 99 grotte di tufo destinate alla conservazione del vino asprinio, le quali si aprono sotto antichi palazzi del centro urbano e sono collegate tra loro da cunicoli, si è adoperato per la salvaguardia del patrimonio delle alberate aversane, diventando qualche anno fa parco agricolo con oltre tre chilometri quadrati destinati a tale metodo di coltivazione, alternate da alberi di pesco biotipo percoca, l’altra tipicità dell’areale. 

Ed è proprio a Cesa, in un palazzo del 700’, che a breve si sposterà la cantina Drengot, dotata di grotta scavata nel tufo a 20 metri di profondità. Due le etichette prodotte con grappoli di uva raccolti a varie altezze: Terramasca Asprinio Extra Brut, ottenuto con metodo Charmat, e Scalillo Asprinio vinificato in acciaio. Ambedue si caratterizzano per la tipica freschezza e la sostenuta acidità. 

Terramasca Asprinio Extra Brut 2017 

89/100  - 40,00

Da uve asprinio allevate con alberata aversana con viti maritate a pioppi. Metodo Charmat. Giallo paglia con riflessi dorati e perlage fitto. Profumi di mela limoncella, pesca gialla, cedro candito e mandorla fresca annunciano il sorso accattivante, tonico e slanciato.

12.000 bottiglie prodotte.

 

 

Scalillo Asprinio 2017 

90/100 - € 30,00 

Da uve asprinio allevate con alberata aversana con viti maritate a pioppi. Acciaio. Giallo paglierino brillante. Note di cedro e buccia di mandarino, melone bianco e litchi. All’assaggio è croccante, affilato, teso, salmastro e dotato di un lungo finale iodato.

6.000 bottiglie prodotte.

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