La falanghina: “un autentico e prezioso gioiello”

Per molti la falanghina è il vitigno portabandiera della Campania. I vini che vi si ottengono, pur variando di area in area, si riconoscono per l'impronta distintiva del vitigno.
Non è mia la citazione con cui apro l'articolo, bensì di Luigi Veronelli, che la coniò in occasione di un importante convegno sull'enologia Campana, svoltosi nel 1990.
Un autentico vitigno di pregio che nonostante la sua storia antica e gloriosa, ha rischiato il declino dal punto di vista qualitativo. Per fortuna enologi e produttori lo hanno da anni rivalutato, mostrandone la vera natura di "prezioso gioiello" qual è. Il primo a credere nelle qualità e potenzialità del vitigno fu l'ingegnere Mustilli, vinificando nel 1979 la prima falanghina in purezza e ottenendo via via sempre più consensi.
La falanghina è un vitigno esclusivamente campano. Le prime notizie certe della sua esistenza si trovano nei trattati di agricoltura del 1800, con riferimento a ipotesi di origine magnogreca e introdotta in Italia dal popolo Amineo.
Diverse invece sono le teorie etimologiche legate al nome. La più accreditata afferma che la vite era sorretta da pali di legno dal nome greco falangos, somiglianti al sistema di allevamento puteolano, ancora utilizzato in alcune aree dalla Campania, mentre il Frojo e il Fiorito riconoscono nel vitigno "flegreo" l'antenato del falerno bianco - Falernum Gauranum - ottenuto da uva falernina, da cui una probabile modificazione del termine in falanghina.
Due sono le aree di origine del vitigno: Taburno e Campi Flegrei, con due distinti cloni che si differenziano per forma, dimensione e impronta varietale.
È indubbiamente il vitigno a bacca bianca più diffuso della regione. La regina indiscussa nelle proposte dei vini delle aziende Campane, tanto da essere considerata "portabandiera" della viticultura regionale.
In alcuni territori si alleva anche a piede franco, in particolare nella zona Flegrea dove la struttura del terreno vulcanico - acido e dalla tessitura sciolta - impedisce al parassita della fillossera di riprodursi, salvando perciò il vitigno dalla malattia che colpì le viti d'Europa nella seconda metà dell'Ottocento.
La falanghina è un vitigno vigoroso e con produttività costante, con la particolarità di essere estremamente eclettico, capace di trasmettere un'impronta olfattiva territoriale, che include caratteristiche specifiche del suolo, del clima e della biodiversità che accompagnano la ricca varietà del paesaggio regionale.
I vini che si ottengono, pur variando di area in area, si riconoscono - nella fase di gioventù - per note distintive del vitigno, in profumi fruttati di banana, ananas e mela verde. Con l'affinamento acquisiscono invece caratteri molto personali e identificativi. Ad esempio, i vini prodotti nei territori interni della regione potenziano note olfattive più floreali, mentolate e balsamiche, mentre quelli prodotti da uve allevate sulla fascia costiera, sviluppano odori agrumati e vegetali.
Secondo diversi disciplinari di produzione, la falanghina è impiegata in svariate Denominazioni Origine Controllate (Doc o Dop) come Falerno bianco e Galluccio, Sant'Agata dei Goti, Sannio, Capri, Campi Flegrei, Vesuvio, Penisola Sorrentina, Costa D'Amalfi e Irpinia. Ne abbiamo degustate diverse e di differenti annate. Per adesso ne abbiamo scelte dieci, ognuna con una impronta caratteriale unica.