Storia e successo dei vini altoatesini
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Assaggiare vecchie annate e ascoltare dalla bocca dei protagonisti il percorso fatto dall'enologia in Alto Adige è sempre un privilegio.
Quando arrivi a Laimburg lo senti che sei in Alto Adige. Aria di montagna e un’enorme parete rocciosa che si staglia davanti al visitatore. In quella montagna, scavata tutta all’interno, c’è il cuore di Laimburg, la sua cantina. Siamo a pochi chilometri da Bolzano e qui, percorrendo la galleria che conduce al grande salone di degustazione, ci si ritrova in un attimo in un’atmosfera quasi surreale, fatta di sedie a punta che fanno tanto confraternita e pareti di roccia tutto intorno.
Eravamo nelle viscere della montagna, in occasione del primo Alto Adige Wine Summit in cui, nella serata inaugurale, si è parlato degli ultimi 40 anni del vino altoatesino. “Siamo stati le ostetriche del vino dell’Alto Adige” ha detto Hans Terzer. Si riferiva a lui e agli altri compagni di intervento, protagonisti dell’evoluzione dei vini della regione nell’ultimo mezzo secolo. Sono Luis Raifer, Josephus Mayr, Alois Lageder e lo chef tristellato Heinz Winkler. Tra i protagonisti, chi per un verso chi per un altro, della rivoluzione del vino dell’Alto Adige, della svolta che dalla quantità del passato ha portato al livello qualitativo attuale e a un modello virtuoso di fare cooperazione.
Sono lontani i tempi che racconta Heinz Winkler. Era il 1984 quando un giovane produttore bussò alla porta del suo ristorante proponendo vino bianco altoatesino. Non rosso, non schiava, come era stato consueto fino a quel momento – siamo a metà degli anni ’80 e la produzione della schiava rappresenta circa l’80% del totale - ma un bianco pieno e strutturato. Quell’ardito produttore si chiamava Alois e oggi, a detta di molti, è da considerarsi tra i motori propulsori della rivoluzione altoatesina. Winkler di fronte alla proposta di vini bianchi di Lageder rispose gentilmente che non poteva inserire in carta quei vini, che non avevano mercato. Poi assaggiò il Löwengang. Ne rimase talmente stupito da ordinarne immediatamente 600 bottiglie. “Nella pittura conta l’energia del pittore, non il soggetto, pensai. Deve traspirare l’energia di chi l’ha prodotto per entrare nel cuore e quel vino rappresentava tutta l’energia creativa del suo produttore”.
Oggi i vini di queste zone sono cambiati ulteriormente e la ricerca di freschezza e verticalità ha portato a nuove espressioni enologiche che convivono e differiscono dal gusto del secolo scorso. Di certo oggi, a prescindere dallo stile, la sfida è quella con i cambiamenti climatici, la necessità quella di trovare un giusto mix tra viticoltura ed ecologia