E’ Pasqua

di Daniele Cernilli 06/04/15
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E' Pasqua

Pasqua, il “passaggio”. Quello del Mar Rosso, per gli ebrei, ma anche  quello dal peccato alla nuova alleanza, per i cristiani. Il passaggio dall’inverno alla primavera per la natura, il risveglio delle attività vegetative, i fiori, le prime foglie. E’ un passaggio ma anche un nuovo inizio, per tutti, e quindi pure per il mondo del vino.

Da noi cominciano a circolare i dati sull’export del 2014. Dati abbastanza buoni, per volumi, circa 20,3 milioni di ettolitri, quasi la metà di quanto abbiamo prodotto. Anche di fatturato, che ha raggiunto 5,1 miliardi di euro, un record assoluto, con una crescita, di entrambi i dati, dell’1,6-1,7%. Quello che è chiaro solo per gli addetti ai lavori, ma molto meno per politici e giornalisti, è che la stragrande maggioranza del nostro export, oltre il 70%, va in tre paesi: negli Usa, in Germania e, con un po’ di stacco, in Gran Bretagna. Se aggiungiamo anche Canada e Svizzera sfioriamo il 75%. In Cina? 57 milioni di fatturato, poco più dell’1%. In Giappone circa il 2%. Il che significa che siamo ben lontani da una presenza soddisfacente nei nuovi mercati del Far East. E significa che esportiamo a una media di 2,5 euro per litro.

La Francia fa meglio di noi in valore, esporta per 7,7 miliardi, con un calo dell’1,2%, che si annunciava assai più grave all’inizio dell’anno per il crollo dell’export di Bordeaux (da 2,1 a 1,7 miliardi di euro). Il miracolo lo ha fatto lo Champagne, che consegue un + 8% miracoloso (da 2,2 a 2,4 miliardi). Non in quantità, che si ferma a 14,4 milioni di ettolitri, che però vuol dire che il valore medio per litro è di 5,38, più del doppio del nostro. La Spagna è l’esatto contrario. Esporta più di noi in quantità, ben 23,4 milioni di ettolitri, ma ne ricava solo 2,56 miliardi, con una media per litro di poco superiore all’euro.

Numeri che devono far pensare e che è bene conoscano tutti, anche per smascherare chi propone ricette miracolistiche quanto improbabili. Per conquistare seriamente nuovi mercati, non maturi, non abituati al consumo di vino, non basta riempirsi la bocca con slogan. Bisogna affrontarli spiegando cos’è il vino di qualità, come si usa, come si abbina col loro cibo. Poi avendo solidi rapporti commerciali con chi deve importarli e distribuirli, non andando in ordine sparso, ma cercando di mettere in atto strategie di mercato efficaci, adatte alle situazioni, che sono molto diverse da quelle che troviamo in Europa o negli Usa, dove siamo una potenza indiscussa.





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