Il magico mondo di Carlin

Nel settembre del 1982 curavo una trasmissione radiofonica per Radio Uno della Rai che si chiamava “Viva il Vino”. Con me c’era una conduttrice, Marina Bartella, che allora aveva fatto alcuni programmi e che avevo conosciuto come allieva di un corso dell’Ais di Roma. Il mio compito era quello di scrivere i testi e di contattare gli ospiti che venivano in studio o si collegavano telefonicamente. Mi venne segnalato un personaggio molto famoso nel suo territorio, Carlin Petrini, piemontese allora poco più che trentenne, che aveva fondato la Nobile Associazione Amici del Barolo, che di lì a poco sarebbe stata il nucleo di Arci Gola, la sezione enogastronomica dell’Arci, e che successivamente si trasformò in Slow Food. Già da allora Carlin era un mattatore e fece un’ottima figura alla radio, polemizzando amabilmente con Giacomo Bologna, collegato telefonicamente, che osò parlare della bontà del “tartufo di Asti”. Non l’avesse mai fatto. “Il tartufo è di Alba, non di Asti, capisco le questioni di campanile (Bologna era di vicino Asti), ma questa non passa” disse quasi divertito ma perentorio.
Aveva fatto politica nel Manifesto, sapeva parlare ed esprimersi con grande efficacia, e lo dimostrò bene. Prima ancora aveva partecipato all’associazione filantropica cattolica de Le Dame di San Vincenzo. Un vero “cattocomunista”, insomma. Per vivere era stato anche rappresentante di commercio, in particolare vendeva le gomme americane Brooklyn del dolcificio Perfetti, ma questo è un aspetto della sua vita sul quale tende a “glissare”. Carlin è nato a Bra, in provincia di Cuneo, in una zone che non è ancora in Langa e neanche nel Roero, una sorta di énclave enologicamente apolide, ma che avrebbe, per suo merito, conseguito fama internazionale proprio per essere tuttora la sede di Slow Food Italia. Con Carlin mi veniva una facile battuta “sei nato a Bra, quindi sei in-bra-nato” che detta da un romano, cittadino e in più considerato meridionale, era una bella rivincita nei confronti dell’atteggiamento di superiorità nordico che talvolta sfoggiava.
I primi anni della storia di Arci Gola, poi Slow Food, e del Gambero Rosso si intrecciarono strettamente. Dal 1986 al 1991 siamo stati quasi una sola cosa, con addirittura la partecipazione come quota di maggioranza, il 35% mi pare, di Slow Food nella Gambero Rosso Editore. Persino il nome Slow Food, come ho già detto in precedenza, venne coniato come battuta da Bonilli durante una riunione, e poi da lui utilizzato come titolo di un editoriale del Gambero dedicato al congresso costitutivo dell’associazione. Di aneddoti su quei primi fantastici anni ce ne sarebbero tanti. L’idea della guida dei vini venne fuori a Bra, nel giardino del ristorante L’Arcangelo, allora chiuso e che di lì a poco sarebbe stato riaperto dai ragazzi della Cooperativa I Tarocchi legati a filo doppio con l’Arci Gola. Era la primavera del 1987 e c’eravamo io, Pertini, Bonilli e Gigi Piumatti, giovanissimo amico e braccio destro di Carlin. Portai un paio di possibili schede, con la classificazione in “bicchieri” che mi ero inventato modificando quella di una guida spagnola, che li usava però in tutt’altro modo.
Era il momento giusto per un’operazione del genere. Veronelli non pubblicava più la sua da anni, nel 1986 c’era stato il caso metanolo, il vino italiano “giusto” aveva bisogno di essere raccontato al pubblico in modo efficace e meno paludato di quanto si era fatto prima. Se ci si pensa, anche oggi si continuano a fare discorsi simili, forse perché ad alcuni addetti ai lavori ed esperti la divulgazione appare come una “diminutio”. La guida nacque ed ebbe subito successo, contribuendo anche a cementare i rapporti personali fra il gruppo del Gambero e quello di Slow Food. Così io ed Andrea Gabbrielli e poi Marco Sabellico per anni abbiamo collaborato strettamente con Gigi Piumatti e Vittorio Manganelli, e poi Tiziano Gaia, formando un gruppo di lavoro formidabile, che riusciva a realizzare ogni anno un libro di mille pagine con migliaia di vini assaggiati e più di mille cantine, poi oltre duemila, catalogate e commentate. Il tutto in quattro mesi di lavoro effettivo. Intanto Slow Food cresceva e Carlin Petrini, politico di razza e uomo di concreta intelligenza, diventava sempre più un personaggio mediatico e carismatico.
C’è sempre stata una sotterranea rivalità fra Bonilli e Petrini. Il primo è un raffinato intellettuale di sinistra con una passione quasi estetica per il cibo, uno che avrebbe volentieri fondato Micro Mega invece che il Gambero Rosso. Petrini è un leader nato, un tribuno trascinatore di folle ed un oratore efficacissimo. Non sempre i loro caratteri sono stati compatibili ed il mio compito è stato, spesso, quello di tenerli insieme sulla base di un lavoro di successo che si realizzava con il contributo di entrambe le strutture. Il risultato era che mi prendevo gli sfoghi di tutti e due e cercavo di mediare. E fino alla metà del 2008 ci sono persino riuscito. Le differenze fra loro due erano in gran parte anche le differenze fra Slow Food, essenzialmente associazione, e Gambero Rosso, essenzialmente società di (pochi) capitali, che avevano esigenze diverse ed anche obblighi diversi, basti pensare al regime dell’Iva. Ma il miracolo avveniva ogni anno, anche quando, dopo il 1991, il Gambero Rosso prima entrò velocemente in ambito Espresso, che acquistò anche le quote di Slow Food, poi divenne una società editrice autonoma. Subito dopo nacque Slow Food editore, con la guida Osterie d’Italia che continuo a ritenere personalmente la migliore guida gastronomica del nostro Paese. Dopo di allora Petrini inventò il movimento internazionale, poi il Salone del Gusto a Torino, infine Terra Madre, forse il momento politico e civile più alto di tutta la storia di Slow Food. Contemporaneamente rilevò e fece restaurare un luogo straordinario, l’Agenzia di Pollenzo, una sorta di castello nel quale i Savoia avevano realizzato gli uffici per l’amministrazione dei loro beni. Carlin m’invitò a vedere quel posto prima di iniziare i lavori di riassetto. Era nel 2000, in una splendida giornata primaverile e fu l’ultima volta che passammo così tanto tempo insieme. Pochi mesi prima avevo rischiato di andar via dal Gambero dopo una pesante litigata con Bonilli. Riguardava il nuovo assetto societario che doveva scaturire dopo l’inizio della realizzazione del canale televisivo satellitare e l’ingresso di nuovi soci. Petrini mi disse “non preoccuparti per il lavoro, tu fai parte della nostra storia e se vai via dal Gambero vorrà dire che verrai con noi”. Parole difficili da dimenticare perché dette in momenti difficili, e una prova di amicizia e di lealtà davvero toccante. Lo ringraziai, ma poi i litigi rientrarono e tutto rimase più o meno come prima.
Quel giorno a Pollenzo mi fece girare tutto il parco dell’Agenzia, che è enorme, poi mi raccontò cosa voleva fare e dove. Mi parlò dell’Università del Gusto, poi della Banca del Vino, dell’Albergo dell’Agenzia, di un suo grande sogno che doveva essere funzionale alla diffusione della cultura materiale del vino e del cibo e della compatibilità ambientale della produzione agroalimentare. Avevo davanti un uomo diverso rispetto al goliarda della nostra giovinezza. Una persona che iniziava a pensare in grande, su scala planetaria, da visionario assoluto. Era come se mi dicesse “scusa se devo lasciare la compagnia, ma ho progetti che mi porteranno lontano e non mi basta più, non basta più giocare a far girare del vino in un bicchiere, quello, se volete, continuate a farlo tu e Gigi Piumatti”. Di lì a poco ebbe anche problemi di salute che gli impedirono per anni di accostarsi al vino con le modalità dell’appassionato, del presidente degli Amici del Barolo, che avevo conosciuto quasi vent’anni prima. L’ho rivisto molte volte in seguito, quando si andava a Pollenzo, ormai realizzata del tutto e come immaginava lui, per le degustazioni finali della guida dei vini. Fino all’estate del 2008. Poi in altre occasioni, dopo avergli scritto una lunga lettera nei momenti più drammatici della storia recente del Gambero Rosso. Anche dopo la mia uscita, nel 2012, in occasione di un convegno su Veronelli a Pollenzo, dove ci siamo magicamente ritrovati a sostenere tesi s
imili senza neanche avere idea di cosa avrebbe detto l’altro.
Oggi Slow Food è un associazione internazionale con decine e decine di migliaia di soci, è conosciuta da milioni di persone in tutto il mondo e Carlin viene ricevuto dal Principe di Galles a Buckingham Palace, oltre ad essere corteggiato da molta parte della politica nazionale, che lo vorrebbe ministro dell’agricoltura o dell’ambiente. Ma lui vuole restare Carlin, che va in giro per il mondo a incontrare i contadini, il mondo di Terra Madre, ma che poi vuol tornare a Bra perché lì sono le sue radici. E’ più vecchio e più esperto, ma è sempre in-bra-nato.