Atlas Coelestis, il tesoro nascosto di Cristina e Cristiano
Matrimonio inusuale tra birra e cucina in tempi non sospetti, Atlas Coelestis si è evoluto arricchendo la cucina e dando spazio al vino, sempre nel rigoroso rispetto delle materie prime di partenza.
Stavolta non parlerò di piatti assaggiati o di consistenze e sapori, perchè qui da Atlas Coelestis sono quasi il complemento scontato di tutto il contesto che Cristina in sala e Cristiano in cucina sono riusciti a creare in questo angolo nascosto della Capitale. In una traversa di Via Cortina d’Ampezzo, bella zona residenziale di Roma nord, nascosto dal via vai del traffico capitolino e dalle rotte turistiche, ecco un tranquillissimo ed elegante ristorante di quartiere.
Atlas Coelestis nasce nel 2001 da una "visione" di Cristiano Iacobelli, chef e patron, supportato dalla dolcissima e preparatissima moglie Cristina. Sì, proprio di visione si è trattato perché il progetto poi si è rivelato faticoso e oneroso nella sua attuazione. "Ab inizio erat birra"...matrimonio inusuale, anzi unico, per quel tempo tra birra e cucina, è stato il gioco e la sfida racconta Cristiano. Una cucina diretta, semplice e materica abbinata prevalentemente, ma non solo, a una birra prodotta in casa che seguiva la stessa logica di qualità. Nel tempo l’evoluzione è stata importante e di soddisfazione, come un bambino che cresce e naturalmente cambia, così i piatti si sono arricchiti senza perdere mai la centralità della sostanza, la carta dei vini si è ampliata rivolgendo lo sguardo anche a piccole realtà italiane, ma non solo, in un viaggio alla riscoperta di vitigni dimenticati che raccontano l'identità di un territorio.
La scelta delle materie prime è sempre stata quella del "chilometro buono" e la ricerca fatta personalmente visitando i produttori e gli allevatori è il loro vero divertimento, la parte più piacevole in assoluto di questo lavoro, per tanti così come per me. Si parte spesso e volentieri alla ricerca di pascoli rigenerativi, allevamenti etici, colture sostenibili, formaggi a latte crudo, salumi da maiali semibradi, protagonisti lontani dallo scopo unico del profitto economico. Anzi, diciamo che il profitto economico è l’ultimo dei pensieri per tenere così alto il livello delle materie prime. Qui c'è davvero una passione viscerale per il buon mangiare e lo stare bene. Si parla di produttori e allevatori come l’azienda agricola Faraoni, Pulicaro, le mozzarelle di Macchiusi che bisogna andare a prenderle apposta lì da loro perché non fa consegne, il Consorzio Bue Rosso, i formaggi di Gregorio Rotolo ma anche il burro di Isigny.
Possiamo riassumere l'operato in qualche parola chiave: Sostanza, Semplicità, Sapore, Ricerca, Passione, parole che sono state negli anni la loro guida.
La trasformazione in cucina è sempre poco invasiva, senza per questo trascurare la tecnica, ed è rispettosa di quella materia prima portata a casa con orgoglio. La soddisfazione delle papille gustative degli ospiti è l'obiettivo ultimo di un grande lavoro. Una chicca da raccontare è che Cristina proviene da una famiglia di gelatieri: nonno Giovanni e zio Massimo Persiani, fratello di mamma che ha lavorato con loro per i primi otto anni di attività e ha tramandato a Cristina le ricette e le regole della bilanciatura degli ingredienti nella gelateria di scuola classica italiana. Nella mia visita abbiamo assaggiato un ottimo semifreddo di nocciole e ciliegie con base la meringa all’italiana che è ormai quasi impossibile da trovare al ristorante. Quei dolci di pasticceria classica italiana che ricordano i sapori della nostra infanzia come il pezzo duro o lo zuccotto.
Tanto si parla poi in questo periodo della scelta dei collaboratori, qui da Atlas Cristiano e Cristina hanno optato più che sulla “scelta” su una “selezione naturale”: ci si sceglie reciprocamente per affinità, assicura fiera Cristina. La squadra ormai è una famiglia, da tanti anni e per tante ore al giorno insieme a condividere prove, assaggi e fatica, con chi ha sposato il progetto.
L'accoglienza è decontratta e informale senza peccare di eccesso di confidenza, puntando anche qui a trasmettere sostanza più che a mostrare la forma.