Vino e musica: il secondo appuntamento è con Massimo Ranieri

di Redazione 10/02/21
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Mastroberardino Stilema Fiano di Avellino - Massimo Ranieri Malia

Ritorna l’appuntamento con le grandi recensioni musicali di AFdigitale.it con Diego Scardocci, che esplora la musica napoletana d’autore di Massimo Ranieri. In abbinamento il vino consigliato da DoctorWine: Daniele Cernilli propone un grandissimo Fiano di Avellino, lo Stilema 2016 di Piero Mastroberardino.

 

di Diego Scardocci

Malìa. A dispetto del termine, tra i cui significati vi è quello che allude ad una sorta di struggimento dell’anima, quest’opera – divisa in due parti – consente invece di rilassarsi assaporando una vera prelibatezza sonora frutto dell’impegno e del lavoro di un artista immenso.

Chi – ripeto – chi, non conosce Massimo Ranieri? Lo scugnizzo che a dispetto della giovanissima età – era appena quindicenne quando esordì – si mise in luce grazie ad una voce chiara, possente ed intonata come poche? Onestamente credo nessuno e seppure molti possano ignorarlo – nel senso di non considerarlo degno di attenzione in un contesto eminentemente audiofilo, il che sarebbe un gravissimo errore in ogni caso – la sua notorietà nell’ambiente musicale italiano è senza ombra di dubbio elevatissima. 

Artista poliedrico, regista nonché attore di teatro oltre che cantante, chiaramente esprime al massimo sé stesso (sembra un gioco di parole ma effettivamente è così) nel contesto della canzone partenopea. Non c’è niente da fare, quando si tratta di interpretare attingendo dal songbook della canzone napoletana quelle meravigliose perle più simili a poesie che a “semplici” canzoni, di cui alcune risalenti talvolta addirittura alla prima metà dell’800, ci vuole necessariamente un campano Doc, non si scappa. Per quanto vi siano stati molti artisti che si sono cimentati con il caratteristico idioma, la napoletanità espressa da un vero partenopeo è cosa inevitabilmente diversa. Ma veniamo al disco ospite di questo appuntamento.

Prima di tutto occorre dire – o meglio ribadire – che esiste e si conferma quanto mai vitale quella che può essere definita la via italiana del jazz, assolutamente non seconda a nessuno. E che via! Artisti come Enrico Rava, Stefano di Battista, Rita Marcotulli, Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli sono qui coinvolti quali accompagnatori del nostro, in un ricco corollario assolutamente rappresentativo di alcune tra le migliori canzoni scritte tra il 1950 ed il 1960. Pezzi suonati nei night dell’epoca, contesto che li vedeva obbligatoriamente inseriti in un ambiente sonoro suadente e levigato, ove gli arrangiamenti erano, per l’appunto, gestiti con pochi strumenti, come sovente accade nel jazz, quando un trio oppure un quartetto apporta opportuno sostegno all’impalcatura sonora costruita attorno alla canzone. Ed in questi dischi ce ne sono di chicche: autori quali Carosone, Modugno, Bongusto, Calvi e perfino Rascel sono stati scelti in modo efficace e rappresentativo di un certo modo di far musica, canzoni senza tempo, pezzi ironici e al contempo venati di tristezza, imbevuti di quella malìa che dà il titolo a quest’opera. Insomma, due gran bei dischi, in grado di fornire un’esperienza di ascolto a tutto tondo, dove alla parte artistica fa da contraltare una parte audio di lusso, veramente eccellente.

Massimo Ranieri: Malia, la qualità sonora

E che dire a proposito della qualità sonora di questo lavoro? C’è molto e al contempo poco da dire, stante la pienezza del suono che esce dai diffusori, dove a una scena larga il giusto corrisponde un‘eccellente presenza fisica dei musicisti – è perfettamente inutile creare palchi virtuali larghi 30 metri quando parliamo di un quintetto e di un cantante. A questo si accompagna una bellissima timbrica, morbida, piena e corposa, caratteristica che consente di apprezzare le risonanze del corpo del contrabbasso così come quelle delle pelli della batteria, con i piatti e il rullante che hanno beneficiato di un trattamento di prim’ordine che li rende pieni, scintillanti e presenti senza la minima asperità sonora; bellissimi i fiati, soprattutto la lirica tromba di Rava sempre pronta alle note fughe. Molto ben ripreso il pianoforte, con le risonanze della tavola armonica e della cordiera giustamente in evidenza. Ovviamente alla voce spetta la parte del leone, ma attenzione, il suo innesto nel contesto globale è stato effettuato davvero in modo magistrale, senza alcuna inopportuna sovrapposizione o iper-esposizione che possa, come si suole dire, sbatterla in faccia all’ascoltatore, assolutamente perfetta, calda, presente ma morbida, nessuna fastidiosa sibilante in evidenza, come appunto dovrebbe sempre essere registrata una voce, soprattutto quando bella come quella di Ranieri. Circa l’interpretazione, che ve lo dico a fare? Ranieri è certamente non di primo pelo, conosce a menadito i territori che frequenta e si muove con agilità e consumato mestiere, sornione e finanche giocoso quando il pezzo lo richiede, si percepisce una qual certa teatralità perfino nel canto, sempre misurato ed appropriato, mai urlato o fuori luogo, davvero un’ottima interpretazione.

Si nota che sono entusiasta? Si? Bene, in effetti lo sono, e non solo perché per natura tendo sempre all’ottimismo, ma anche perché quando mi trovo davanti qualcosa di bello – e la musica lo è senza remora alcuna – sono doppiamente contento quando scopro che qualità sonora e artistica sono al medesimo livello, anzi, personalmente ho sempre trovato molto frustrante una presa del suono mediocre, lo considero un aspetto talmente influente che potenzialmente è davvero in grado di invalidare un altrimenti eccellente lavoro. Non è certo questo il caso per fortuna.

Il vino suggerito da Doctorwine.it

di Daniele Cernilli

Massimo Ranieri in questo album ha dato una sua interpretazione originale e molto raffinata della musica napoletana. Riconosco al sax Stefano Di Battista, uno fra i più grandi jazzisti italiani, e già questo la dice lunga sulle intenzioni di Ranieri sotto il profilo squisitamente musicale. Perciò vorrei replicare con un vino che abbia una valenza simile, e che possa rappresentare anch’esso un’interpretazione personale e stilisticamente molto elegante di una tipologia campana. 

Ho scelto un grande bianco, il Fiano Stilema 2016 di Piero Mastroberardino, che già dal nome indica una ricerca stilistica e un modo per nobilitare un vino che peraltro fu riscoperto e riproposto da suo padre Antonio. Deriva da uve fiano in purezza, viene affinato per il 90% in vasche di acciaio e per il 10% in barrique per circa due anni prima di essere imbottigliato. Ha un colore giallo paglia verdolino e profumi particolarmente complessi, che prevedono note di muschio, menta, fiori di tiglio, pompelmo e mandorla fresca. Il sapore è elegante e salino, con un corpo di ottima struttura ma armonico e persistente nella quale è particolarmente evidente un’armonia dinamica di straordinaria classe. Un vero fuoriclasse nel suo genere.

Costa in enoteca intorno ai 30 euro.

Tratto da https://www.afdigitale.it/vino-e-musica-massimo-ranieri-con-malia-e-mastroberardino-con-stilema/

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