Grand Vintage 2012, la sintesi Moët & Chandon

di Chiara Giovoni 21/06/19
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Il "piccolo miracolo" dell'annata 2012 è stato portato in bottiglia sia in versione Blanc che Rosé dalla grande esperienza e capacità interpretativa dello chef de cave Benoît Gouez.

C’è una celebre frase che dice “chi non conosce la storia è condannato a ripeterla” e ovviamente non si parla delle grandi imprese ma delle grandi sconfitte. È questo il senso sella degustazione condotta dallo Chef de cave della Grand Maison di Champagne Moët & Chandon, in occasione della presentazione dell’ultimo millesimato Grand Vintage, prodotto con l’annata 2012. Moët, come si abbrevia in tutto il mondo, è considerata indubbiamente la “Maison del glamour”, ma il progetto enologico che si cela dietro ogni bottiglia della gamma è il perpetuarsi di un savoir-faire che dal 1743 ad oggi ha dato vita ad uno stile identitario figlio di una visione sempre contemporanea dello champagne.

Tornando alla storia, per raccontare la genesi di Grand Vintage 2012, Benoît Gouez ne sottolinea lo spirito che anima la sua creazione dal 1842 in soli 74 esemplari, ovvero la totale libertà di interpretazione del millesimo alla luce della filosofia che racchiude il cuore di tutta la produzione Moët: elegante maturità, bocca seducente e fruttato vivace. Il millesimato esprime le caratteristiche delle migliori annate, ed è importante fare un parallelo tra vintage e non vintage. Per Benoît Gouez ogni anno la sfida più grande è legata al non millesimato Moët Impérial un prodotto dalle grandi tirature, a diffusione mondiale, che deve essere assolutamente costante anno dopo anno e il più possibile fedele a se stesso.

Grand Vintage prende contropiede Moët Impérial perché è ricerca dell’individualità assoluta del millesimo, è unione di spirito creativo e originalità, e per questo la massima espressione della libertà dello Chef de cave. Così Benoît Gouez inizia la degustazione con una lezione di storia agronomica degli ultimi anni della champagne, perché secondo lui per capire la specificità del 2012, bisogna capire come le vigne sono arrivate alla prova di questa vendemmia. Anagraficamente Grand Vintage 2012 viene dopo il 2009, con una vistosa doppia assenza della 2010 e della 2011, e secondo Benoît Gouez rappresenta proprio la sintesi dei contrapposti millesimi 2008 e 2009, il primo molto celebrato per la sua tensione e austerità, figlio di un’annata fredda con un’acidità molto marcata, il secondo caratterizzato da frutto e ricchezza, in una annata più “moderna” e più calda.

Nel 2010 e 2011 decidere di non fare il millesimato è stata una scelta convinta, ma Benoît Gouez si è reso conto che l’ultima volta che la Maison Moët aveva deciso di non presentare al mercato il millesimato per due anni di fila era stato nel lontano 1967 e 1968, e così si è rivelata una vera eccezione. Il significato di questa evidenza è che, nonostante l’evoluzione del clima giochi a vantaggio della regione Champagne per favorire il raggiungimento della maturità delle uve, e malgrado lo sviluppo delle tecniche enologiche, i requisiti alla Maison Moët sono sempre più restrittivi, alla costante ricerca dell’eccellenza.

In fondo la 2010 non era stata una brutta annata, ma è stata eterogenea per maturità e per sanità delle uve a causa di alcuni attacchi di botrite che hanno reso necessari fare moltissima cernita delle uve. Così ci sarebbero state anche delle basi, alla fine del lavoro di selezione, con il potenziale da millesimato, ma non c’era la quantità sufficiente per alimentare i vins de réserve necessari per salvaguardare la costanza di Moët Impérial, che ha sempre la precedenza.

La 2011 è stata un’annata molto promettente e molto precoce, ma a metà di agosto è arrivata un’ondata di calura che ha mandato le viti in blocco seguita a distanza di due giorni dal rovescio sui vigneti dell’equivalente di 2 mesi di piogge. Le viti non sono mai più ripartite e le uve non hanno raggiunto il livello di maturazione sufficiente per il millesimato. Così quando è arrivata l’annata 2012 alla Maison erano tutti in apprensione perché si sarebbe dovuto guardare a inizio ‘900 per registrare una tripla assenza di millesimati. Eppure la 2012 è stata un’annata catastrofica fino ad agosto, con tutti gli incidenti metereologici possibili, tra gelo, pioggia, peronospera, oidio, acinellatura, grandine e siccità, trasformatasi però a settembre in quello che tutta la Champagne ha chiamato “il piccolo miracolo”, nonostante un 40% del raccolto potenziale sia andato in fumo. L’elemento che ha reso unica l’annata 2012 è stata l’escursione termica tra giorno e notte che ha favorito la produzione di zucchero preservando l’acidità con il freddo, determinando un equilibrio alquanto raro che era stato raggiunto solo nel 2002. Ovviamente la chiave resta l’assemblaggio: dove per unire potenza e finezza il segreto è l’equilibrio dei vitigni e in particolare nell’utilizzo del meunier, col ruolo di nutrire il centro bocca. Un piccolo miracolo compiuto dalla natura sulle uve, e portato in bottiglia sia in versione Blanc che Rosé dalla grande esperienza e capacità interpretativa di Benoît Gouez, un maestro dal grande carisma.

Moët & Chandon Grand Vintage 2012

97/100 – € 75

Assemblaggio con il 41% di chardonnay, 33% di pinot noir e 26% di meunier per un’esperienza completa e appagante che inizia da un attacco intenso anche dal punto di vista del profilo aromatico, che si completa con un sorso che transita dall’avvolgente pienezza a un finale fresco e vitale. Se il 2012 per altre Maison è un vintage di contrasti, Moët restituisce una grande espressione di armonia, pur restando fedele alla convinzione del dosaggio extrabrut a 5g/l voluta fortemente da Benoît Gouez per i millesimati. Dai fiori di tiglio punteggiati di note agrumate in un solare esplodere graduale di frutti estivi, questo champagne sfodera una struttura concentrata e dinamica insieme, rivelandosi lentamente in una generosità elegantissima, dal finale persistente e profondamente iodato.

Moët & Chandon Grand Vintage Rosé 2012

96/100 – € 80

L’elaborazione del Rosé è sempre molto più impegnativa della versione bianca, con un 42% di pinot noir di cui 13% vino rosso, 35% di chardonnay e 23% di meunier, sempre dosato a 5 gr/l. La chiave del rosé d’assemblage sta nella gestione della morbidezza in contrapposizione alla vinosità e all’acidità. Grand Vintage Rosé ha un pinot noir che dona una percepibile struttura tannica, e la proporzione di vino rosso per la 2012 è stata la più bassa di sempre, con l’obiettivo di non modificare la qualità aromatica e la stabilità del colore, puntando a usare basi più intense e ricche, in minor quantità, vista la dominante del Grand Cru di Ay, a detta di Benoît Gouez il più elegante. Uno champagne intenso ma dalla sofisticata raffinatezza, con una trama tannica articolata che non cede mai a pesantezza o note amare, valorizzata dalla fresca vivacità dei piccoli frutti rossi di bosco e da sfumature di erbe aromatiche e lievi spezie orientali, con il tè nero a segnare il volume del finale.

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